AMICO/NEMICO: categoria politica ed essenza umana
di
Giovanna Lenti
La situazione politico sociale nella quale è calata, oggi, la nostra vita quotidiana porta alla conoscenza, magari non con netta evidenza, come le nostre azioni siano dettate da categorie precise:
comando /obbedienza; pubblico/privato, amico/nemico.
Queste relazioni di fatto sono l’origine od il presupposto essenziale per le nostre azioni. Basti pensare che nell’attimo in cui stiamo per effettuare una scelta, questa avviene perché si è “scelto” tra assecondare un ordine o porgli resistenza; “scelto” di agire al servizio di un personale gusto o di un gusto convenzionalmente accettato; infine “scelto” di relazionarsi con l’altro in un rapporto di condivisione se è amico o di diversità se nemico.
Queste categorie sono, a compiere un’analisi libera da preconcetti, costanti nella storia umana. Da sempre hanno fondato le azioni di ogni sviluppo sociale umano, sono anche eterne senza nessuna soluzione nel contrasto: quant’anche tutti comandassero e tutti obbedissero ci sarebbe comunque un comando ed una obbedienza posti in generale relazione tra loro. È ovvio riconoscere come la dicotomia pubblico privato costituisce, poi, la politica interna, non molto ovvio è riconoscere il dualismo amico-nemico presupposto di ogni nostra azione calata nella storia.
È proprio questo dualismo che andremo a presentare e a stabilire poi il suo legame imprescindibile con la politica concludendo come la politica sia non un prodotto umano ma coesistente all’umano.
La dicotomia amico-nemico è base della costituzione in un gruppo collettivo di individui determinati e distinti, è base della limitazione territoriale, della definizione di confine, della definizione di alterità, infine della politica estera di uno Stato. Laddove un gruppo si è costituito per la difesa da un comune nemico, si è limitato territorialmente perché tutto ciò che è posto al di fuori di questo limite è altro, è già nemico.
Non necessariamente nemico con il quale guerreggiare o necessariamente da eliminare. Il nemico è semplicemente l’altro, con il quale continuamente ci si relaziona. Questo rapporto è base del nostro sistema sociale, nonché la nostra pulsione psicologica ad essere uomini attivi e a reagire a tutto ciò che è altro da noi.
In questa verità viene in aiuto nella sua analisi lucida Carl Schmitt, teorico del “politico” ma sicuramente autore da apprezzare senza parteggiare.
Il dualismo amico nemico viene affrontato in ogni sua componente dall’etimologia che rende appunto amico, il compagno di stirpe, il consanguineo, e nemico l’antagonista, fino agli aspetti giuridici connessi al diritto di guerra. Questo è tutto un campo che al momento possiamo tralasciare. Il primo passo da compiere è riconoscere come l’altro posto al di fuori di noi, tutto ciò che è altro da me, è soggetto ad un riconoscimento, ad una identificazione. Se l’altro è mio simile esso si relazionerà con me in uno dei due modi possibili o è mio amico che condivide aspetti del mio vivere oppure è un nemico della mia vita, è colui che può mettere in questione la mia stessa vita.
L’altro costituendo, altro da me, entra in rapporto conflittuale e costituisce la mia diretta opposizione. Questo continuo rapporto in dialettica costante costituisce quella che è nota come politica.
La storica definizione dell’uomo come animale politico ritrova qui la sua manifestazione più grande ma uomo non come produttore di politica, che nell’ambito delle relazioni comportamentali sceglie tra varie opzioni la strada della politica, ma come coesistente alla politica. Questa è connaturata all’uomo. Egli è politica, in ogni sua azione è manifestato il carattere politico. L’uomo è polemico ha in se il carattere della differenza delle infinite opposizioni.
Ciò che è importante sottolineare è che questo stato di riconoscimento conflittuale non è esaurito nell’identificazione del nemico esterno alla comunità ma è una condizione mentale che porta a riconosce anche all’interno della stessa comunità un nemico. Nel primo caso siamo di fronte ad un nemico esterno, pubblico perché potenzialmente minaccioso per l’intera comunità, nel secondo caso abbiamo un nemico interno e privato che minaccia una componente della società un gruppo o un individuo singolo. Nel primo caso i rapporti sono regolati da un diritto statuale esterno, nel secondo da un interno codice giuridico. Tutto l’organigramma di una società già costituita è strumentale al mantenimento dell’equilibrio tra amico e nemico. Meno lontana dalla percezione è la differenza tra socio e avversario, in ogni ambito esiste questo equilibrio che non va risolto, ma controllato.
O per usare le parole di Schmitt “il significato della distinzione di amico e nemico è di indicare l’estremo grado di intensità di un’unione o di una separazione, di una associazione o di una dissociazione”, questo è quanto scrive nel suo Il concetto del politico in Le categorie del ‘politico’, trad. it. di P. Schiera, Bologna, Il Mulino, 1972.
Abbiamo evidenziato come il riconoscimento del nemico sia l’elemento chiave per rendere manifesto l’aspetto politico dell’uomo, e al contempo il momento in cui si produce politica. Abbiamo in questo momento prodotto una differenzazione e conseguentemente la necessità di una difesa da questo pericolo che proviene appunto dal nemico. Spontanea è la difesa, la chiusura nel cerchio e delimitazione di ciò che è mio contro un ciò che appartiene al nemico. Tutto ciò che è all’interno del cerchio costituisce il “noi” società chiaramente fondata sulla condivisione di un nemico comune. La società è all’interno costituita da amici.
Non esiste l'idea fondante dell'amicizia tale per cui chi non è nostro amico diventa nemico, ma è invece fondante il contrario: si stringe amicizia tra coloro che hanno già riconosciuto un altro come nemico. L’aspetto che più inquieta e che esige rigore mentale nella definizione è che la società nasce da una esclusione per riconoscimento di alterità a cui segue il raggruppamento di quanti non sono stati esclusi.
Alla base della società vi è una scelta differenziale primaria. Con il nemico si tratta, si convive, al senso civico resta non eccedere nella violenza.
Pur avendo evidenziato il carattere non politico della categoria amico, tuttavia è componente del dualismo per cui fondamentale alla politica. Devono necessariamente esistere entrambe per far si che la vita si delinei all’interno di questo rapporto.
Annullare infatti una delle due componenti significa annullare l’essenza stessa della politica. Sarà quindi impossibile avere una politica privata del presupposto antagonista tra amico-nemico. Per quanto sia esistente una ideologia della politica che considera fine della politica il superamento delle posizioni conflittuali, dobbiamo riconoscere che si tratta di atteggiamenti di interpretazione morale sulle azioni politiche. L’essenza della politica è diversa dagli atteggiamenti di ideologia morale che caratterizzano invece i movimenti che agiscono in politica. La spinta sociale che si può avere verso il superamento non deve mai annullare la differenzazione altrimenti non ci sarebbe quell’elemento razionale tipico dell’uomo alla convivenza sociale. È vero che con il nemico si instaura un rapporto di odio e di guerra e di distruzione ma è vero che con il nemico si tratta, si fa la pace e si convive. Se non esiste una controparte che regola la vita possiamo solo ipotizzare una società senza particolarismi. È realizzabile? è utopia. La politica si nutre dell’eterogeneità, la società è si prodotto della politica, la politica fa riferimento a soggetti chiusi, definiti. Prevede ed implica le divisioni, il particolarismo. La politica si rivolge ad una società chiusa, a differenza della morale, della scienza che non avendo un confine hanno valenza universale, non hanno determinazioni storiche. Noi siamo calati nella storia. Tutto ciò che possiamo essere fuori dalla nostra essenza è trovare la condizione migliore, che resta sempre la spinta alla vita. Resta da prestare attenzione a cosa definiamo nemico, cosa un “noi” identifica per nemico, chi magari è più libero di un altro nel controllo sulla propria psicologia.
comando /obbedienza; pubblico/privato, amico/nemico.
Queste relazioni di fatto sono l’origine od il presupposto essenziale per le nostre azioni. Basti pensare che nell’attimo in cui stiamo per effettuare una scelta, questa avviene perché si è “scelto” tra assecondare un ordine o porgli resistenza; “scelto” di agire al servizio di un personale gusto o di un gusto convenzionalmente accettato; infine “scelto” di relazionarsi con l’altro in un rapporto di condivisione se è amico o di diversità se nemico.
Queste categorie sono, a compiere un’analisi libera da preconcetti, costanti nella storia umana. Da sempre hanno fondato le azioni di ogni sviluppo sociale umano, sono anche eterne senza nessuna soluzione nel contrasto: quant’anche tutti comandassero e tutti obbedissero ci sarebbe comunque un comando ed una obbedienza posti in generale relazione tra loro. È ovvio riconoscere come la dicotomia pubblico privato costituisce, poi, la politica interna, non molto ovvio è riconoscere il dualismo amico-nemico presupposto di ogni nostra azione calata nella storia.
È proprio questo dualismo che andremo a presentare e a stabilire poi il suo legame imprescindibile con la politica concludendo come la politica sia non un prodotto umano ma coesistente all’umano.
La dicotomia amico-nemico è base della costituzione in un gruppo collettivo di individui determinati e distinti, è base della limitazione territoriale, della definizione di confine, della definizione di alterità, infine della politica estera di uno Stato. Laddove un gruppo si è costituito per la difesa da un comune nemico, si è limitato territorialmente perché tutto ciò che è posto al di fuori di questo limite è altro, è già nemico.
Non necessariamente nemico con il quale guerreggiare o necessariamente da eliminare. Il nemico è semplicemente l’altro, con il quale continuamente ci si relaziona. Questo rapporto è base del nostro sistema sociale, nonché la nostra pulsione psicologica ad essere uomini attivi e a reagire a tutto ciò che è altro da noi.
In questa verità viene in aiuto nella sua analisi lucida Carl Schmitt, teorico del “politico” ma sicuramente autore da apprezzare senza parteggiare.
Il dualismo amico nemico viene affrontato in ogni sua componente dall’etimologia che rende appunto amico, il compagno di stirpe, il consanguineo, e nemico l’antagonista, fino agli aspetti giuridici connessi al diritto di guerra. Questo è tutto un campo che al momento possiamo tralasciare. Il primo passo da compiere è riconoscere come l’altro posto al di fuori di noi, tutto ciò che è altro da me, è soggetto ad un riconoscimento, ad una identificazione. Se l’altro è mio simile esso si relazionerà con me in uno dei due modi possibili o è mio amico che condivide aspetti del mio vivere oppure è un nemico della mia vita, è colui che può mettere in questione la mia stessa vita.
L’altro costituendo, altro da me, entra in rapporto conflittuale e costituisce la mia diretta opposizione. Questo continuo rapporto in dialettica costante costituisce quella che è nota come politica.
La storica definizione dell’uomo come animale politico ritrova qui la sua manifestazione più grande ma uomo non come produttore di politica, che nell’ambito delle relazioni comportamentali sceglie tra varie opzioni la strada della politica, ma come coesistente alla politica. Questa è connaturata all’uomo. Egli è politica, in ogni sua azione è manifestato il carattere politico. L’uomo è polemico ha in se il carattere della differenza delle infinite opposizioni.
Ciò che è importante sottolineare è che questo stato di riconoscimento conflittuale non è esaurito nell’identificazione del nemico esterno alla comunità ma è una condizione mentale che porta a riconosce anche all’interno della stessa comunità un nemico. Nel primo caso siamo di fronte ad un nemico esterno, pubblico perché potenzialmente minaccioso per l’intera comunità, nel secondo caso abbiamo un nemico interno e privato che minaccia una componente della società un gruppo o un individuo singolo. Nel primo caso i rapporti sono regolati da un diritto statuale esterno, nel secondo da un interno codice giuridico. Tutto l’organigramma di una società già costituita è strumentale al mantenimento dell’equilibrio tra amico e nemico. Meno lontana dalla percezione è la differenza tra socio e avversario, in ogni ambito esiste questo equilibrio che non va risolto, ma controllato.
O per usare le parole di Schmitt “il significato della distinzione di amico e nemico è di indicare l’estremo grado di intensità di un’unione o di una separazione, di una associazione o di una dissociazione”, questo è quanto scrive nel suo Il concetto del politico in Le categorie del ‘politico’, trad. it. di P. Schiera, Bologna, Il Mulino, 1972.
Abbiamo evidenziato come il riconoscimento del nemico sia l’elemento chiave per rendere manifesto l’aspetto politico dell’uomo, e al contempo il momento in cui si produce politica. Abbiamo in questo momento prodotto una differenzazione e conseguentemente la necessità di una difesa da questo pericolo che proviene appunto dal nemico. Spontanea è la difesa, la chiusura nel cerchio e delimitazione di ciò che è mio contro un ciò che appartiene al nemico. Tutto ciò che è all’interno del cerchio costituisce il “noi” società chiaramente fondata sulla condivisione di un nemico comune. La società è all’interno costituita da amici.
Non esiste l'idea fondante dell'amicizia tale per cui chi non è nostro amico diventa nemico, ma è invece fondante il contrario: si stringe amicizia tra coloro che hanno già riconosciuto un altro come nemico. L’aspetto che più inquieta e che esige rigore mentale nella definizione è che la società nasce da una esclusione per riconoscimento di alterità a cui segue il raggruppamento di quanti non sono stati esclusi.
Alla base della società vi è una scelta differenziale primaria. Con il nemico si tratta, si convive, al senso civico resta non eccedere nella violenza.
Pur avendo evidenziato il carattere non politico della categoria amico, tuttavia è componente del dualismo per cui fondamentale alla politica. Devono necessariamente esistere entrambe per far si che la vita si delinei all’interno di questo rapporto.
Annullare infatti una delle due componenti significa annullare l’essenza stessa della politica. Sarà quindi impossibile avere una politica privata del presupposto antagonista tra amico-nemico. Per quanto sia esistente una ideologia della politica che considera fine della politica il superamento delle posizioni conflittuali, dobbiamo riconoscere che si tratta di atteggiamenti di interpretazione morale sulle azioni politiche. L’essenza della politica è diversa dagli atteggiamenti di ideologia morale che caratterizzano invece i movimenti che agiscono in politica. La spinta sociale che si può avere verso il superamento non deve mai annullare la differenzazione altrimenti non ci sarebbe quell’elemento razionale tipico dell’uomo alla convivenza sociale. È vero che con il nemico si instaura un rapporto di odio e di guerra e di distruzione ma è vero che con il nemico si tratta, si fa la pace e si convive. Se non esiste una controparte che regola la vita possiamo solo ipotizzare una società senza particolarismi. È realizzabile? è utopia. La politica si nutre dell’eterogeneità, la società è si prodotto della politica, la politica fa riferimento a soggetti chiusi, definiti. Prevede ed implica le divisioni, il particolarismo. La politica si rivolge ad una società chiusa, a differenza della morale, della scienza che non avendo un confine hanno valenza universale, non hanno determinazioni storiche. Noi siamo calati nella storia. Tutto ciò che possiamo essere fuori dalla nostra essenza è trovare la condizione migliore, che resta sempre la spinta alla vita. Resta da prestare attenzione a cosa definiamo nemico, cosa un “noi” identifica per nemico, chi magari è più libero di un altro nel controllo sulla propria psicologia.