Negli ultimi quindici anni l’America è stata alle prese con tre dei più grandi massacri di massa (Columbine, Virginia Tech, e Aurora) operati da civili della sua storia. Gli ultimi tre Presidenti, Bill Clinton, J.W. Bush e Barack Obama , pertanto, hanno dovuto parlare alla nazione e commentare i tristi eventi di cronaca nazionale. Ma che parole hanno utilizzato i tre presidenti, che linguaggio emozionale hanno preferito scegliere. Che parole hanno scelto per arrivare al cuore dei loro cittadini così scossi da questi eventi. Ci sono state delle differenze tra i tre Presidenti? Ricordiamo che l’analisi che proponiamo più che concentrarsi sulla singola parola utilizzata cerca di analizzare il modo con cui si combinano insieme le varie parole che si sono differenziate tra i Presidenti e che peso ha la loro combinazione. Il primo dato su cui dobbiamo soffermarci è che non ci sono analogie significative tra i tre discorsi tenuti dopo i massacri. I tre presidenti hanno utilizzato parole significative diverse e con obiettivi diversi. Andiamo a scoprire quali sono e che senso possono avere.
Partiamo dal Presidente Clinton, impegnato a parlare alla nazione dopo i fatti del College di Columbine. Ricordiamo che la strage della Columbine High School fu una strage in ambito scolastico avvenuta il 20 aprile 1999 e che coinvolse alunni e insegnanti di una scuola superiore del distretto amministrativo di Columbine, non lontano da Denver (Colorado): due studenti della Columbine High School, Eric Harris e Dylan Klebold, si introdussero nell’edificio armati e aprirono il fuoco su numerosi compagni di scuola e insegnanti. Al termine della sparatoria rimasero uccisi 12 studenti e un insegnante, mentre 24 furono i feriti, compresi 3 che erano riusciti a fuggire all’esterno dell’edificio. I due autori della strage morirono suicidi a loro volta, asserragliati all’interno della scuola dopo che la polizia era intervenuta a circondare la zona.
Le parole utilizzate da Clinton si sono raggruppate in questo gruppo
- Human Believe (Il credere umano)
- Fear (Paura)
- Share (Condividere)
- Rage (Rabbia)
- Lead (Guidare)
- Life (Vita)
- Grief (dolore)
- Struggle (lottare)
Clinton parla degli “effetti” del massacro. Preferisce, quindi concentrarsi sul qui ed ora del momento in cui parla, provando a dare parole alle emozioni che attraversano ogni cittadino americano. Da leader deve metabolizzare quello che è successo e restituirlo al suo popolo attraverso quelle parole e quelle emozioni di comune condivisione e di facile riconoscimento, ma che necessitano di un’autorità per essere espresse. Clinton va sul sicuro, potremmo dire, richiama ad un senso di unità utilizzando la via più facile possibile quella delle emozioni più chiare e più in superficie che in quel momento ogni americano emotivamente coinvolto con i fatti prova.
Vediamo invece come Barack Obama è intervenuto per descrivere i fatti della strage di Aurora, in Colorado. James Holmes ha aperto il fuoco durante la proiezione della prima del film Il cavaliere oscuro - Il ritorno in un cinema di Aurora, uccidendo 12 persone e ferendone 58. Ecco il gruppo di parole significative del Presidente Obama.
- Child (Figlio)
- Open (Aperto)
- Prison (Prigione)
- Strenght (Forza)
- Break (Rompere)
- Hate (Odio)
- Influence (Influenza)
- Embrace (Abbracciare)
- Rock (Pietra)
Obama si è concentrato sulle “conseguenze” della strage. Obama sembra essere preoccupato dall’influenza negativa che può scatenare un tale evento. Comprende il clima d’odio che c’è intorno all’evento (anche nella sua matrice simbolica e di evento che si ripete), ma comprende anche che è lo stesso clima d’odio che c’è stato alla base del massacro stesso. Obama è interessato a rompere questo circolo vizioso provando a proporre agli americani un’apertura di pensiero sulle conseguenze dell’odio e dell’ingiustizia provando a non farsi prendere dall’attimo.
Vediamo infine come G. W. Bush ha affrontato con il suo discorso i fatti di Virginia Tech. Il 16 aprile 2007, lo studente sudcoreano Cho Seung-hui uccise 32 persone e ne ferì 29 all’interno del Virginia Polytechnic Institute prima di togliersi la vita.
- Scripture (Sacre scritture)
- Evil (Diavolo)
- Pray (Pregare)
- Overcome (Superare, Sconfiggere)
- Love (Amore)
- Thank (Ringraziare)
Se Clinton si è concentrato sul qui ed ora, ed Obama su un ipotetico futuro, Bush sembra collocarsi in una sorta di limbo temporale. Bush sembra ricorrere alle parole di un prete in una omelia collocando il male da una parte e dall’altra le azioni per sconfiggere il male. Parole che hanno attraversato da sempre l’umanità di fronte alle catastrofi di qualunque entità, soprattutto dove il fattore umano-diavolo la faceva da padrone. Se Clinton parla come un leader arrabbiato (ma che strizza l’occhio alle emozioni condivise da tutti i suoi cittadini) e se Obama parla come un padre preoccupato delle violenza che si aggira per la sua nazione, Bush parla come un prete sull’altare collocando un male esterno il nemico da sconfiggere. Un male che sembra però collocarsi fuori dalla società dove ognuno ha la sua quota di responsabilità. Un male che cade dall’alto per volontà divina e contro il quale sembra ci sia poco da fare, se non pregare e sperare.
Le parole utilizzate da Clinton si sono raggruppate in questo gruppo
- Human Believe (Il credere umano)
- Fear (Paura)
- Share (Condividere)
- Rage (Rabbia)
- Lead (Guidare)
- Life (Vita)
- Grief (dolore)
- Struggle (lottare)
Clinton parla degli “effetti” del massacro. Preferisce, quindi concentrarsi sul qui ed ora del momento in cui parla, provando a dare parole alle emozioni che attraversano ogni cittadino americano. Da leader deve metabolizzare quello che è successo e restituirlo al suo popolo attraverso quelle parole e quelle emozioni di comune condivisione e di facile riconoscimento, ma che necessitano di un’autorità per essere espresse. Clinton va sul sicuro, potremmo dire, richiama ad un senso di unità utilizzando la via più facile possibile quella delle emozioni più chiare e più in superficie che in quel momento ogni americano emotivamente coinvolto con i fatti prova.
Vediamo invece come Barack Obama è intervenuto per descrivere i fatti della strage di Aurora, in Colorado. James Holmes ha aperto il fuoco durante la proiezione della prima del film Il cavaliere oscuro - Il ritorno in un cinema di Aurora, uccidendo 12 persone e ferendone 58. Ecco il gruppo di parole significative del Presidente Obama.
- Child (Figlio)
- Open (Aperto)
- Prison (Prigione)
- Strenght (Forza)
- Break (Rompere)
- Hate (Odio)
- Influence (Influenza)
- Embrace (Abbracciare)
- Rock (Pietra)
Obama si è concentrato sulle “conseguenze” della strage. Obama sembra essere preoccupato dall’influenza negativa che può scatenare un tale evento. Comprende il clima d’odio che c’è intorno all’evento (anche nella sua matrice simbolica e di evento che si ripete), ma comprende anche che è lo stesso clima d’odio che c’è stato alla base del massacro stesso. Obama è interessato a rompere questo circolo vizioso provando a proporre agli americani un’apertura di pensiero sulle conseguenze dell’odio e dell’ingiustizia provando a non farsi prendere dall’attimo.
Vediamo infine come G. W. Bush ha affrontato con il suo discorso i fatti di Virginia Tech. Il 16 aprile 2007, lo studente sudcoreano Cho Seung-hui uccise 32 persone e ne ferì 29 all’interno del Virginia Polytechnic Institute prima di togliersi la vita.
- Scripture (Sacre scritture)
- Evil (Diavolo)
- Pray (Pregare)
- Overcome (Superare, Sconfiggere)
- Love (Amore)
- Thank (Ringraziare)
Se Clinton si è concentrato sul qui ed ora, ed Obama su un ipotetico futuro, Bush sembra collocarsi in una sorta di limbo temporale. Bush sembra ricorrere alle parole di un prete in una omelia collocando il male da una parte e dall’altra le azioni per sconfiggere il male. Parole che hanno attraversato da sempre l’umanità di fronte alle catastrofi di qualunque entità, soprattutto dove il fattore umano-diavolo la faceva da padrone. Se Clinton parla come un leader arrabbiato (ma che strizza l’occhio alle emozioni condivise da tutti i suoi cittadini) e se Obama parla come un padre preoccupato delle violenza che si aggira per la sua nazione, Bush parla come un prete sull’altare collocando un male esterno il nemico da sconfiggere. Un male che sembra però collocarsi fuori dalla società dove ognuno ha la sua quota di responsabilità. Un male che cade dall’alto per volontà divina e contro il quale sembra ci sia poco da fare, se non pregare e sperare.